venerdì 25 luglio 2008

New York-Miami-25/07/2008

Decollati. E' strano il tempo. Sono negli Stati Uniti da soli 24 giorni e mi sembra ne siano passati molti ma molti di più. Il mio tempo non coincide con quello degli orologi. C'è un abisso incalcolabile tra ciò che sento e ciò che serve a stabilire questo sentire. NY dall'alto. E' enorme. Il Central Park si estende proprio come un polmone verde che mantiene in vita l'elemento naturale di una città costruita che vive dei suoi artifici. Eppure c'è un buon legame tra arterie e pelle, tra sangue che scorre-come lo Hudson che la percorre- e i grattacieli che la rivestono. I bambini giocano sotto questi palazzi che sembrano toccare il cielo.
La gente cammina spesso con la sua bevanda Take-away tra le mani. inizialmente ho avuto qualche problema a bere e camminare contemporaneamente. Questa cultura take-away confermata. Dalla banca, ai caffè, una dinamica che facilita il tempo, lo ottimizza. E' una scelta che ti è concessa fare. Ho preso il mio "Could coffè" stamattina e mi sono seduta su una delle panchine che costeggiano la 44th str, all'intersezione con la 5th Avenue. New York è semplice: street da est a ovest. Avenue da nord a sud. Di fronte a me una porzione di strada era illuminata-dopo due notti di temporali costanti-e così ho scattato qualche fotografia alle ombre della gente che passava. E' come se di giorno la gente, anche sola, si muovesse sempre in due, ognuno con la propria ombra. Cerco di portare avanti il mio lavoro di tesi. Unknown ID è questo: viaggio di ricerca attraverso la realtà. Forse perchè sono una di quelle persone che per capire davvero le cose ha bisogno di viverle, come chi-come direbbe Murakami-ha bisogno di scriverle.
Ogni passo che faccio è una scoperta, di un luogo, ma anche di me stessa.
Mi piace questa combinazione tra geografia esteriore e geografia interiore, mi completa. Le metropoli accentuano queste combinazioni, nelleloro contraddizioni.
L'umanità dei piccoli gesti (um bambino che corre-una donna che si tiene la pancia-un ragazzo che sorride-spicca in questo microcosmo che vive di impulsi meccanici e digitali, fatto di luci, segnali, emblema di un "ecosistema" costruito per procedere sempre in avanti, essere in costante movimento, seguire l'andamento stesso delle cose-La terra gira sempre.

Penso a quando Klein parla di "sparo" nell'atto fotografico. E' come avere un arma tra le mani. Fissi una persona e colpisci. Cerchi di non essere invadente, ma ti accorgi che quella macchina lo è. Allora sorridi o chiedi permesso, lo fai di nascosto-perchè ti piace il suo sguardo, o il modo in qui quell'uomo tiene le mani, o semplicemente hai voglia di eternizzare quel flusso in continuo movimento. Le immagini sono mosse, io mi muovo, loro si muovono, io mi fermo, blocco il flusso dietro di me che subito riprende come un fiume in piena che incontra un masso, aggira l'ostacolo e procede, e tutto continua a muoversi. Ma è questa la NY di cui voglio parlare. Los Angeles. Lisbona. Dublino. Il mondo è in movimento. Io sono in movimento. Le mie emozioni. Emozionarsi significa muoversi, evolversi, crescere, non tornare mai allo stesso punto, anche se la via è la stessa. Mi piace guardare al mondo e persarlo così, sempre costantemente emozionato.
M.

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