giovedì 17 luglio 2008

"... il corpo gracile bruciava nelle mani di K.; in un deliquio in cui K. cercava incessantemente ma invano di strapparsi, caddero a terra pochi passi più in là, urtarono con un colpo sordo la porta di Klamm e rimasero lì distesi fra piccole pozze di birra e altri rifiuti di cui il pavimento era coperto. Così passarono ore, ore di palpito comune e di comune respiro: ore durante le quali K. ebbe l'impressione costante di smarrirsi, o di essersi tanto addentrato in un paese straniero come nessun uomo prima di lui aveva mai osato, in una terra ignota dove l'aria stessa non aveva nessuno degli elementi della dell'aria nativa, dove pareva di soffocare tanto ci si sentiva estranei, e tuttavia non si poteva far altro in mezzo a quegli insani allettamenti che inoltrarsi ancora, continuare a smarrirsi".

Franz Kafka, Il castello, Milano, Mondadori, trad. di Anita Rho, p. 80

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