sabato 2 agosto 2008

Miami
La terra brucia sotto i mie sandali, i biomi si muovono, si uniscono, si rigenerano imbevuti di quel contatto umido che li percorre- contatto fisico ed emotivo. Sono nel mezzo, i due tropici mi scortano ad ogni passo.
Per non parlare del cielo: lo popolano nubi nomadi che sempre lo percorrono e mai lo lasciano, ogni giorno nuove e sempre diverse. Dal mio letto sento l’oceano conversare con loro, ed io spio, in silenzio e cerco di rubarne qualche segreto. Hanno forme di funghi, esplosioni nucleari, ti vien voglia di correre, ti vien voglia di raggiungerle, ogni nuvola è un mondo possibile-questo cielo abbonda di possibilità.
Gli uccelli volano a bassa quota, agitati in quel loro sbattere di ali. Coprono quasi il rumore del mondo terrestre, si muovono in stormi, sempre uno si dissocia, planano, risalgono, intanto il cielo tuona, i funghi diventano navi, le navi castelli, i castelli mostri marini. C’è un gran daffare in quel mercato del cielo, cibo in abbondanza per tutti, la bassa pressione stabilisce sconti imperdibili.

Cos’è il tempo se non lo posso calcolare? “Un'ora, non è solo un'ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti, di climi”
(Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto)

Arriva finalmente. Un miraggio. Percorro quell’asfalto rovente e mi appresto a salire-al suo arrivo, preparandomi la moneta nelle mani-1 dollaro e 25 cent che cadranno rimbalzando sonoramente nella cassettina metallica all’entrata. Escursione termica improvvisa-il mio corpo si fa solido e ritrova vigore. Mi siedo infondo in direzione di marcia.
Linea K-Hallandel- necessariamente Diplomat Hall o mi lascia a metà l’altra K contrassegnata Halouver Beach-è bello scoprirlo a tue spese, quando sfinita non sogni altro che un letto da cui spiare il mare-ma sei ignara che tale linea ha subito un parto gemellare eterozigote- e quindi il sogno si infrange e scopri quello che volevi scoprire: la realtà. Ti incammini.
La testa sul finestrino-scruto il mondo su cui fino ad un attimo fa mi muovevo prendere il sopravvento e muoversi dinnanzi alla mia attuale stabilità- la A1A diviene prima Collins, poi Ocean Drive, mutevole anch’essa si succede in nomi e paesaggi senza mai cambiare direzione: dritta, che tu la guarda da nord a sud o viceversa lei è sempre la stessa, sembra non finire mai.
Il viso accaldato si fa freddo dal condizionatore acceso. I pensieri iniziano a confondersi, la musica nelle orecchie accosta parole-Keith Jarret da voce a quell’insieme di paesaggi che mutano rapidamente davanti ai mie occhi, Bob Dylan plasma quei volti che salgono e scendono lungo il mio tragitto, volti che incontrano il mio, forse in quell’unica volta, contatti fugaci e sfuggevoli.
Si mescolano ricordi, si sovrappongono note, alla palma si sovrappone un bambino seduto accanto al finestrino due posizioni più avanti, la magia dei vetri per riflessione crea sovrapposizioni di mondi, così vicini, così lontani, fatti di colori, musica, parole dette, mai sentite, desiderate, sguardi fugaci, mondi sfiorati. Il viaggio si fa macrocosmo in movimento, in cui i mie ricordi si mescolano con il mondo, costruzione infantile di un idea, libertà di percezione, in cui non c’è più un dentro e un fuori. C’è. Ci sono. Ci siamo. Come se una grande lente fosse stata posizionata sul mondo e tutto converge, le mie aberrazioni emotive si fondono con quelle ottiche del mondo che mi circonda, sotto questa lente gigante, dove lunghezze d’onda differenti hanno una loro inclinazione, e così un uomo è seduto solo su una panchina, una autobus si muove, una donna prende in braccio il proprio bambino, un viandante cammina, una bustina di the è immersa in una tazza colma d’acqua bollente, un ricordo ritorna. E questa lente sul mondo genera iridescenze emotive convertite in bianco e nero.
M.

Nessun commento: